Slide 15 Slide 2 Foto di Filippo Maria Gianfelice

Che cercate? - II Domenica del Tempo Ordinario

1 Samuele 3,3b-10.19; 1 Corinzi 6,13c-15a.17-20;
Giovanni 1,35-42
La prima parola pronunciata da Gesù nel Vangelo di Giovanni è una domanda: «Che cercate?». Essa è rivolta ai due discepoli di Giovanni Battista che un giorno si staccarono dal loro maestro per seguire Gesù. Erano Andrea e l’autore stesso del racconto, l’evangelista Giovanni.
Nella vita non si trova se non ciò che si cerca. Essere in ricerca è una parola magica nel mondo d’oggi. Tutti amano definirsi persone in ricerca. Ma la domanda di Cristo ci fa capire che la cosa più importante non è il cercare, ma sapere co¬sa si vuole, cosa si cerca: «Che cercate?». Cercare per se è un’azione ambigua: si può cercare il bene e il male, si può cercare una persona per farle del bene o per farle del male.
L’uomo è ciò che cerca. Il Vangelo ci aiuta a porci le do¬mande decisive della vita: Chi siamo? Cosa vogliamo? Cosa cercavano quei due discepoli di Giovanni Battista? Cercavano l’Agnello di Dio! Avevano sentito il loro maestro proclamare rivolto al Nazareno: «Ecco l’Agnello di Dio!» e lo avevano seguito. Per noi Agnello di Dio non è che uno dei tanti titoli di Cristo; non percepiamo più la ricchezza di significato racchiusa in esso. Per un ebreo, l’espressione evocava l’agnello pasquale dell’Esodo, l’agnello condotto al macello di Isaia. Cercavano dunque il Messia, l’inviato di Dio; cercavano Dio, non bastava loro più un maestro umano, fosse pure Giovanni Battista.
Il Vangelo non si può leggere come un libro qualsiasi dell’antichità, da spiegare, collocare nel suo contesto, rimanendo neutrali davanti ad esso. Interpella personalmente chi lo legge, perciò quella domanda ogni lettore la deve sentire rivolta a se: Che cosa cerchi nella vita? Cerchi ancora qualcosa o qualcuno? Noi cerchiamo tante cose: un lavoro, una professione, un compagno o una compagna nella vita, una casa, un posto nel mondo… Il Vangelo non ci sottrae a tutte queste ricerche, non le sottovaluta, ma ci dà una ragione per cercare, in modo che attraverso tutte le nostre ricerche – anche quelle senza esito – noi raggiungiamo l’oggetto ultimo della ricerca e cioè la vita senza fine, la felicità piena in Dio, perché, come dice Agostino, siamo fatti per Dio e il nostro cuore è inquieto, insoddisfatto finché non riposa in lui.
Adesso passiamo alla seconda parte dell’episodio evangelico. «Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: Ab¬biamo trovato il Messia (che significa il Cristo) e lo condusse da Gesù». Se il vertice della prima parte era la domanda «Che cosa cercate?», la nota più alta della seconda parte è l’esclamazione: «Abbiamo trovato!». I due discepoli hanno risposto all’invito di Gesù: «Venite e vedete», sono andati, hanno veduto dove abitava, cosa diceva, come viveva, forse semplicemente come guardava, e hanno capito che la loro ricerca era giunta alla fine.
La conseguenza spontanea di tutto è il bisogno impellente di testimoniare. Andrea va a dirlo a suo fratello Simone, più tardi Filippo farà lo stesso con Natanaèle: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth». «Abbiamo trovato!»: di nuovo questo grido di gioia di chi ha scoperto un tesoro, una perla preziosa.
In poche righe è tracciato l’itinerario completo di come si diventa e che cosa comporta l’essere discepolo di Cristo.