Genesi 15,1-6; 21,1-3; Ebrei 11,8.11-12.17-19; Luca 2,22-40
La famiglia è costituita da un insieme di rapporti. C’è, anzitutto, il rapporto tra marito e moglie; poi quello tra genitori e figli. Oggi tendiamo a chiudere qui il cerchio famigliare. Ma non è giusto: c’è un altro rapporto più largo: quello tra nonni e nipoti, o tra anziani e giovani, che pure è parte integrante di ogni normale famiglia umana. Quest’anno le letture ci offrono l’occasione di riflettere proprio su quest’ultima componente della famiglia: gli anziani. Ognuna delle tre letture ci presenta una coppia di anziani: nella prima e seconda lettura essi sono Abramo e Sara; nel Vangelo, Simeone e Anna.
Gli anziani sono quelli che più hanno risentito dei vertiginosi mutamenti sociali dell’era moderna. Nella Bibbia e, in genere, nelle società antiche, gli anziani, lungi dall’essere emarginati e dal costituire l’«età inutile», erano i veri pilastri intorno a cui ruotavano la famiglia e la società.
Partiamo dal famoso, e da molti temuto, tempo del pensionamento. Ma è davvero, il pensionamento, un «ritirarsi» (così lo chiamano in inglese, retirement), un essere tagliati fuori dalla vita vera? Conosco diverse persone per le quali tale momento non è stato l’inizio del declino, ma il principio di una nuova operosità. Una volta liberi da un lavoro spesso non scelto e non amato, hanno scoperto che avevano finalmente tempo per dedicarsi a una attività nuova, più congeniale. Soprattutto, hanno scoperto che, dopo aver lavorato tutta la vita per i bisogni del corpo e per i doveri terreni, potevano finalmente dedicarsi con più agio e libertà a coltivare il loro spirito. Per tutti costoro si realizza la parola del salmo che dice: «Nella vecchiaia daranno ancora frutti, sa¬ranno vegeti e rigogliosi» (Salmo 92,15).
La Scrittura traccia anche le linee per una spiritualità dell’anziano: «I vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell’amore e nella pazienza. Ugualmente le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti: non siano maldicenti, sappiano piuttosto insegnare il bene per formare le giovani all’amore del marito e dei figli» (Tito 2,2-4). Non è difficile desumere da questo insieme di raccomandazioni i tratti fondamentali che fanno il buon anziano. Nell’anziano, uomo o donna, deve anzitutto spiccare una certa calma, dignità, che fa di lui un elemento di equilibrio nella famiglia. Uno che, nei contrasti, sa relativizzare le cose, smorzare i toni, indurre alla riflessione e alla pazienza. Una delle situazioni più penose che oggi vivono gli anziani è assistere impotenti allo sfasciarsi del matrimonio dei loro figli, con tutto quello che ciò comporta per i nipotini, per tutti. Anche in questa circostanza, l’anziano deve essere uno che invita alla riconciliazione, trattiene dal prendere decisioni precipitose, uno che «mette pace».
Un’altra virtù suggerita agli anziani è una certa apertura verso i giovani. Alle donne anziane si raccomanda di «formare le giovani all’amore». Le indicazioni più preziose per una spiritualità dell’anziano ci vengono proprio dalle figure di anziani che abbiamo ricordato. Abramo e Sara ci dicono che la forza che deve sorreggere un anziano è la fede. Da Simeone e Anna, impariamo l’altra virtù fondamentale degli anziani: la speranza. Simeone ha sperato tutta la vita di vedere il Messia, e un giorno ha avuto la gioia di stringerlo tra le braccia. Vi sono anziani che hanno anch’essi un desiderio segreto nel cuore: vedere sistemati i figli o riconciliati con Dio. Bisogna, come Simeone, continuare a sperare e a pregare. Nei Salmi troviamo questa toccante preghiera di un anziano: «Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze… Tu mi hai istruito fin dalla giovinezza e ora nella vecchiaia e nella canizie Dio, non abbandonarmi» (Salmo 71,9 ss.).