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" Se uno non rinasce dall' acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno dei Cieli" (Gv 3,5)

34a Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito
Rimini 4 Giugno 2011

Cari fratelli e sorelle del rinnovamento nello Spirito, sapete che vi dico? Che sono felice anch’io di essere tra voi anche quest’anno! Anzi quest’anno più del solito perché non sono venuto a Rimini da solo, come “battitore libero”, ma accompagnato dal gruppo di rinnovamento nello Spirito con cui mi trovo ogni mese a pregare. Pur continuando infatti a far parte della comunità della Curia Generale dei Cappuccini in Roma, da quasi tre anni, con l’obbedienza dei superiori, mi sono trasferito in un ex convento dei cappuccini a Cittaducale in provincia di Rieti, dove faccio l’assistente spirituale di alcune monache clarisse cappuccine che seguono la regola degli eremi di san Francesco. Con don Emanuele, segretario del vescovo di Rieti, abbiamo iniziato da un anno degli incontri mensili di preghiera carismatica, che si aggiungono a quelli settimanali da lui guidati nella sua città.

1. Rinascita dall’alto e battesimo nello Spirito
Il tema che mi è stato chiesto di trattare è la parola di Giovanni: “Chi non rinasce dall’acqua e dallo spirito non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). È caratteristico della teologia giovannea definire l’esistenza cristiana come una “nuova nascita”, una “nascita dall’alto” (Gv 3,3), o una “nascita da Dio”, come è caratteristico della teologia paolina definirla una “nuova creazione”. A volte la rinascita è attribuita alla fede (Gv 1,12-13: “A tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome”), a volte, come nel nostro testo, essa è attribuita all’acqua e allo Spirito, cioè al battesimo. Si tratta però dello stesso evento, di cui si mette in luce ora l’apporto dell’uomo (fede) e ora quello di Dio (sacramento), ora quello della grazia e ora quello della libertà.

Tenendo conto che questa sessione mattutina è dedicata, come si legge nel programma, “alla diffusione della spiritualità carismatica”, quello che mi propongo di fare è di illustrare la relazione che c’è tra la rinascita dall’alto di cui parla Giovanni e il battesimo o effusione dello Spirito praticato nel Rinnovamento.

A san Paolo risale l’espressione “un solo battesimo” (Ef 4,5) che la Chiesa, con le parole “professo un solo battesimo per la remissione dei peccati”, ha inserito suo Credo, per opporsi a coloro (Novaziani, Donatisti) che propugnavano la necessità di farsi ribattezzare dopo l’apostasia o dopo il passaggio a qualche setta eretica. Il battesimo è la nuova nascita e, come nell’ordine naturale, non si nasce che una volta sola. Quello che chiamiamo battesimo dello Spirito non può essere dunque una nuova nascita, un inizio assoluto; è un rinnovamento e una attualizzazione della rinascita battesimale, una presa di coscienza e una esperienza forte dei suoi contenuti e delle sue potenzialità.

La spiegazione teologica che io do del rapporto tra il sacramento del battesimo e il cosiddetto battesimo dello Spirito si basa sul concetto della “riviviscenza” dei sacramenti, cioè del sacramento “legato” o “congelato”, che torna a “rivivere”, una volta rimosso l’ostacolo, o colmata la lacuna, che impediva il pieno godimento della grazia in esso contenuta .

L’esempio più chiaro è il sacramento del matrimonio o dell’ordinazione sacerdotale ricevuto in stato di peccato mortale. Esso non conferisce alcuna grazia, ma una volta pentiti e confessato il peccato, il sacramento diventa operante, senza che ci sia bisogno di ripetere il rito. Nel caso del battesimo, l’ostacolo che ne impedisce la piena efficacia non è, naturalmente, il peccato, ma la mancanza di una fede personale e dell’accettazione cosciente di Cristo come proprio Signore, una volta divenuti adulti.

Un esempio accessibile a tutti è quello dell’arto “addormentato”. Tutti abbiamo fatto a volte l’esperienza di avere una mano o un piede “addormentato”. Succede quando, per la posizione assunta o per altro motivo, rimanendo per troppo tempo immobile, si arresta la circolazione del sangue e si perde la sensibilità dell’arto. Avviene qualcosa di simile nell’organismo spirituale quando, dopo il battesimo, si lasciano inutilizzate le sue energie: si riduce o si arresta in esso la circolazione dello Spirito. La debolezza della Chiesa è che ha troppe mani e troppi piedi “addormentati”!

Il battesimo o effusione dello Spirito è la grazia propria del Rinnovamento. Esso è anche il nostro specifico contributo allo sforzo attuale della Chiesa per una nuova evangelizzazione. Tutti i movimenti suscitati dallo Spirito dopo il Concilio sono animati da questa ansia e la traducono in pratica ognuno secondo il proprio carisma. Per il Rinnovamento Carismatico lo strumento privilegiato si è rivelato essere proprio il battesimo nello Spirito. Con i seminari di vita nuova che lo precedono, esso introduce molti adulti alla conoscenza delle verità fondamentali della fede e con l’esperienza dello Spirito li trasforma da cristiani nominali in cristiani reali.
Guai se il Rinnovamento trascurasse questa sua grazia. In molte parti del mondo si lamenta un calo di forza del Rinnovamento e della sua capacità di attirare i giovani e cambiare la vita delle persone. Una cosa però è certa e da tutti osservata: non è diminuita la forza dello Spirito, “non si è accorciato il braccio del Signore”! Quelli che ricevono nelle dovute disposizioni il battesimo nello Spirito sperimentano oggi esattamente gli stessi frutti che abbiamo sperimentato noi anziani tanti anni fa. L’intento di questo mio discorso è proprio quello che mettere in luce alcuni di questi frutti per farceli desiderare.
L’espressione “Battesimo nello Spirito Santo” non è un’invenzione del Rinnovamento Carismatico e neppure del movimento pentecostale che lo ha preceduto. Risale, come tutti sanno, a Gesù stesso che prima di salire al cielo disse agli apostoli: “Giovanni battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni” (At 1,5). Quello a cui non sempre si fa caso è che Gesù non si limita a usare l’espressione “battezzare nello Spirito”, ma ne indica anche il significato e il contenuto. Cosa avvenne di lì a “non molti giorni”, per la precisione di lì a dieci giorni? La Pentecoste!
Se dunque il battesimo nello Spirito, nell’uso che ne fa Gesù, indica, in primo luogo e direttamente, la Pentecoste, per conoscere il suo significato e i suoi effetti, la via più semplice, e anzi obbligatoria, è vedere cosa avvenne a Pentecoste, quali furono i suoi effetti nella vita degli apostoli e della Chiesa nascente e cosa avviene oggi in coloro che hanno ricevuto il battesimo nello Spirito e sperimentato una nuova Pentecoste.
Quello che mi propongo di fare è dunque di leggere il racconto di Pentecoste alla luce dell’esperienza del Rinnovamento Carismatico e l’esperienza del Rinnovamento Carismatico alla luce del racconto di Pentecoste. Prenderò in esame alcuni passi del racconto, mettendo in luce quello che essi ci aiutano a capire del battesimo nello Spirito. Siamo entrati nella novena di Pentecoste e questo è per noi il modo migliore di vivere la grazia di questo tempo liturgico.
2. Tutti furono pieni di Spirito Santo
“Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo” (Atti 2, 1-4a).
Cosa vuol dire che “tutti furono pieni di Spirito Santo”? La riposta è semplice. Basta chiedersi cos’è lo Spirito Santo. Esso è l’amore che scorre nella Trinità tra il Padre e il Figlio, un amore così forte e sostanziale da costituire in Dio una “relazione sussistente”, una persona. Dire allora che “tutti furono pieni di Spirito Santo” significa che tutti furono pieni dell’amore di Dio, che gli apostoli fecero una esperienza travolgente di essere amati da Dio. Solo così si spiega il cambiamento improvviso e radicale che avviene in loro e che il resto del racconto mostrerà chiaramente.
È Paolo che spiega così la Pentecoste: “L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5,5). Dire che tutti furono pieni dell’amore di Dio è come dire che tutti furono pieni di Dio, perché “Dio è amore”!
Questa interpretazione della Pentecoste trova una singolare conferma nell’esperienza di coloro che hanno ricevuto il battesimo nello Spirito. Uno dei suoi frutti più chiari e attestati è quello di una nuova esperienza dell’amore di Dio, per molti addirittura la scoperta sconvolgente e beatificante di questa realtà. Le persone che assistettero al ritiro da cui ebbe inizio il rinnovamento carismatico nella Chiesa cattolica, confessarono che ci fu un momento in cui ebbero paura ”di non reggere all’eccessivo amore di Dio”, da cui si sentirono inondati. “Era, dicevano, come se il Dio del Sinai fosse entrato nel luogo dove ci trovavamo, riempiendo completamente esso e noi” . Non si contano le persone che descrivono il momento del loro battesimo nello Spirito come un sentire scendere su di sé un “torrente di amore”. Per alcuni è una sensazione immediata che si traduce in lacrime di gioia, per altri una presa di coscienza diluita nel tempo.
In queste mie ultime parole è ritornata spesso, avrete notato, la parola “esperienza”. Dobbiamo soffermarci un po’ su questo tema perché esso ci permette di prendere coscienza di uno degli apporti più notevoli del Rinnovamento Carismatico alla teologia e alla spiritualità cristiane. Una delle cose che più impressionano (e talvolta scandalizzano) gli osservatori esterni del fenomeno pentecostale e carismatico è il modo con cui l’esperienza interiore dello Spirito si traduce in un coinvolgimento di tutto l’essere, corpo e anima: levare o battere le mani, occhi chiusi, volti estatici, sorrisi, lacrime, per non parlare del parlare o cantare in lingue e di altri fenomeni. Io stesso devo confessare che all’inizio trovavo difficoltà ad accettare tutto questo.
Si sa che la parola “entusiasmo” non gode di buona stampa tra gli studiosi di storia del cristianesimo, ma c’è entusiasmo e entusiasmo. C’è un entusiasmo buono che nella tradizione patristica ha preso il nome di “sobria ebbrezza” dello Spirito. Con quale altra parola possiamo descrivere l’atteggiamento degli apostoli il giorno di Pentecoste? Che cosa crediamo che spinse alcuni dei presenti a pensare che fossero “ubriachi di mosto”? “Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate”, rispose san Pietro, e san Cirillo di Gerusalemme commenta : “Non sono ubriachi nel senso che voi intendete. Sono ebbri, sì, ma di quella sobria ebbrezza che fa morire i peccati e vivifica il cuore” .
La Pentecoste è il momento in cui il cuore di pietra va in frantumi e il suo posto è preso dal cuore di carne, ma questo “trapianto” cardiaco non avvenne in anestesia totale! Noi siamo abituati a concepire tutto in termini astratti e concettuali: l’uomo, con il battesimo, diventa figlio di Dio, membro del corpo di Cristo, lo Spirito Santo viene ad abitare in esso, l’uomo riceve la grazia santificante, le virtù teologali…, ma tutto questo a livello inconscio, senza che nulla sia “avvertito” a livello esistenziale ed emozionale . Proprio questa è la lacuna che il Rinnovamento Carismatico aiuta la Chiesa a superare. Non è stato sempre e dappertutto così, soprattutto prima dell’instaurarsi in occidente di una teologia scolastica.
L’apporto del Rinnovamento Carismatico, e in particolare del battesimo nello Spirito, nel riportare alla luce questo prezioso dato della tradizione cristiana è stato riconosciuto dal grande teologo Karl Rahner che ha scritto:

“Non possiamo contestare che l’uomo possa fare quaggiù delle esperienze di grazia, le quali gli danno un senso di liberazione, gli aprono orizzonti del tutto nuovi, si imprimono profondamente in lui, lo trasformano, plasmando, anche per lungo tempo, il suo atteggiamento cristiano più intimo. Nulla vieta di chiamare tali esperienze ‘battesimo dello Spirito’” .
3. Carismi e santità
Con il versetto 14 si apre una nuova sezione del racconto di Pentecoste, occupata dalla risposta di Pietro all’accusa di essere ubriachi di mosto.
“Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; ma questo è quanto fu annunciato per mezzo del profeta Gioele: “Avverrà negli ultimi giorni”, dice Dio, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona;i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno,i vostri giovani avranno delle visioni,e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. Anche sui miei servi e sulle mie serve,in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno” .

Questo testo, in cui si menzionano profezia, visioni, sogni e miracoli, ci da l’occasione di toccare un punto fondamentale per la comprensione di tutta la pneumatologia biblica e prendere coscienza dell’esistenza di due diverse specie di effetti del battesimo nello Spirito.

Nella Bibbia emergono due modi di agire diversi dello Spirito. Il primo modo che possiamo chiamare carismatico presenta lo Spirito come un potere che viene su persone particolari in occasioni particolari, conferendo loro la capacità di compiere azioni o proferire parole al di sopra delle possibilità umane. Lo Spirito irrompe su uno e lo riempie di sapienza, su un altro e gli conferisce doni artistici per abbellire il tempio (Es 31, 3; 35, 31); viene su un altro e gli da il dono di profezia (Mi 3,8), o doni di governo (Is 11, 2) o una forza soprannaturale per la salvezza del popolo (Gd 13, 25),

Il secondo modo di agire dello Spirito che possiamo chiamare santificante si delinea più tardi, dopo l’esilio. In Ezechiele si parla di uno Spirito nuovo che cambia il cuore dell’uomo e gli da la capacità di osservare le leggi di Dio (cf. Ez 36, 26-27); nel Salmo 51, per la prima volta, lo Spirito è chiamato “santo” e ad esso si attribuisce l’essere purificati e rinnovati nell’intimo.
La differenza fondamentale è che nell’azione carismatica lo Spirito passa attraverso la persona ma non termina in essa; il suo scopo non è il miglioramento spirituale della persona, ma piuttosto il bene della comunità. La persona può non essere resa più santa dal carisma che riceve; può perfino abusare del dono e mutarlo in motivo di condanna, come appare nelle storie di Saul e di Salomone. Al contrario, l’azione santificatrice rimane nella persona che riceve lo Spirito, trasformandolo dall’interno e rendendolo caro a Dio. In teologia, si definisce il carisma una “grazia data gratuitamente” (gratis data) e l’azione santificatrice la “grazia che rende grati (a Dio)” (gratum faciens)
La distinzione diventa ancora più chiara nel NT. Il primo modo di agire appare chiaro là dove si parla dei carismi e delle operazioni dello Spirito, prima nella vita di Gesù e poi in quella della Chiesa. La seconda specie di attività viene definita l’azione santificatrice dello Spirito (Tito 2,13; 1 Pt 1, 2) e consiste nella vita nuova nello Spirito, e concretamente, nella carità. Paolo, nella Lettera ai Corinzi, riassume questo duplice modo di operare dello Spirito Santo, parlando, prima dei carismi e quindi della carità (cf. 1 Cor 12-14). Insiste sulla superiorità dell’amore sui carismi, ma riconosce che entrambe le cose sono necessarie per la costruzione del corpo di Cristo.
Questi stessi due generi di effetti sono operati dal battesimo nello Spirito. Il frutto più comune in coloro che lo ricevono, abbiamo visto, è una esperienza nuova dell’amore di Dio. La vita cristiana è vissuta seguendo la “legge dello Spirito” che spinge a fare le cose non per costrizione ma per attrazione, per amore non per paura, gioiosamente e spontaneamente. Si fa una esperienza personale dello Spirito Santo, della sua unzione nella preghiera, della sua consolazione nella prova, della sua luce nelle scelte; si sperimenta il gusto della lode di Dio, e la mentesi apre alla comprensione delle Scritture. Tutti effetti dell’azione interiore e santificatrice dello Spirito.
Il nome stesso “Rinnovamento Carismatico” attesta però anche l’importanza che si attribuisce ai carismi. Da questo punto di vista, esso appare come la risposta di Dio alla preghiera di Giovanni XXIII che chiedeva a Dio “una novella Pentecoste”. C’è stata, e c’è ancora, in seno al Rinnovamento, una certa tensione tra le due attività dello Spirito. Alcuni accentuano l’importanza della santificazione personale, quindi dei sacramenti, della preghiera, dell’acquisto delle virtù; altri, senza negare tutto ciò, danno grande importanza all’esercizio dei carismi e, in particolare, del carisma delle guarigioni.
La lezione che ci viene dalla Bibbia, dal racconto di Pentecoste e dalla dottrina stessa dello Vaticano II è che si devono mantenere uniti questi due aspetti, anche se si deve rispettare la varietà dei doni e rallegrarsi, anziché preoccuparsi, se altri vivono doni diversi dai nostri. Esiste però una gerarchia tra le due attività dello Spirito e si deve riconoscere la priorità della santificazione personale come condizione indispensabile, sia per un sano esercizio dei carismi sia in vista dell’evangelizzazione.
Proprio a proposito della santità personale, sento il bisogno di fare una osservazione. Al Rinnovamento si accostano persone reduci dalle più diverse esperienze di vita. Tra queste esperienze oggi c’è sempre più spesso quella di matrimoni distrutti e di separazioni legali. Come comportarsi con i fratelli o sorelle in queste situazioni che cercano l’aiuto della Chiesa nel Rinnovamento?
Bisogna fare una distinzione. Se la rottura è avvenuta nel passato, senza colpa propria (o anche per colpa propria) e non possibile ormai tornare indietro, cioè nel caso di divorziati risposati (magari con figli avuti nel nuovo matrimonio), nulla vieta di accogliere queste persone nei gruppi di preghiera e anche di fare su di loro la preghiera di effusione. La Chiesa ha spesso ribadito che questa situazione impedisce l’accesso all’Eucaristia, ma non alla preghiera della Chiesa. Non essendo l’effusione dello Spirito un sacramento, ma appunto una preghiera e un aiuto spirituale, nulla vieta a mio parere che, dopo una buona confessione accompagnata da sincero pentimento, si possa pregare su di essi perché ricevano il dono dello Spirito.
Diverso è il caso di situazioni in atto, cioè di matrimoni in crisi, ma non ancora sciolti, che una volta conosciuto il Signore, con l’aiuto della grazia e la propria buona volontà, potrebbero essere risanati. Qui devo fare un ammonimento piuttosto austero. Non ci si prende gioco di Dio. Non si può cercare nel Rinnovamento un avallo e un modo di aggirare le esigenze della coscienza e della Chiesa.
L’esperienza dimostra che la grazia dello Spirito può risanare matrimoni morti e conferire loro uno splendore e una vitalità mai conosciuti prima. Io stesso ne ho conosciuti diversi casi. Bisogna però dare allo Spirito la libertà di farlo. A volte non si vuole che il matrimonio sia risanato, perché magari il cuore si è già legato a un’altra persona e si è indurito. A questi tali bisogna negare la preghiera di effusione che farebbe loro più male che bene, dando loro la falsa sicurezza di essere a posto con la propria coscienza e con la Chiesa.
4. La scoperta della signoria di Cristo

Passiamo a un successivo brano del racconto di Pentecoste. Esso ci permetterà di scoprire un altro frutto del battesimo dello Spirito, forse il più bello. Dopo aver risposto al dubbio di coloro che ritenevano gli apostoli ubriachi di vino, Pietro prosegue così il suo discorso:

“Uomini d’Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui, tra di voi, come voi stessi ben sapete, quest’uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendolo sciolto dagli angosciosi legami della morte, perché non era possibile che egli fosse da essa trattenuto”.

Segue a questo punto una lunga citazione dal salmo 16 per dimostrare dalle Scritture che il Messia non poteva rimanere nella tomba, e il discorso si conclude con una solenne dichiarazione, quasi una definizione dommatica “urbi et orbi”, a Israele e al mondo:

“Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”.

Quanti insegnamenti sono contenuti in questo inizio assoluto della predicazione apostolica! Anzitutto questo: che il primo effetto della venuta dello Spirito è un impulso irresistibile ad annunciare Cristo. Solo ora, grazie allo Spirito, gli apostoli sono guidati alla “piena verità” su Gesù; ne comprendono la dimensione universale; capiscono che, grazie a ciò che era avvenuto nella sua persona poche settimane prima, il destino dell’intera umanità non è più lo stesso. “Sappia tutta la casa d’Israele” equivaleva a dire: “Sappia tutto il mondo”. Accanto alla nuova conoscenza di Cristo, si coglie un nuovo amore per lui. Adesso sì che Pietro è pronto a dare la vita per lui, come di fatto farà.

Ora ci domandiamo: se questo è il vertice della Pentecoste, come viene rinnovato dal battesimo nello Spirito? Quale conoscenza di Cristo si manifesta in coloro che l’hanno ricevuto? Il fatto più significativo è la riscoperta di un dato biblico elementare: che Gesù Cristo è il Signore! I canti più ispirati e più amati nel Rinnovamento Carismatico sono quelli che proclamano la signoria di Cristo: nei paesi di lingua inglese “He’s Lord, He’s Lord…”, in quelli di lingua spagnola “Vive Jesús el Señor, vive Jesús el Señor …”.

San Paolo parla di una conoscenza di Cristo di grado “superiore”, o, addirittura, “sublime”, che consiste nel conoscerlo e proclamarlo come proprio “Signore” (cf. Fil 3, 8). È la proclamazione che, unita alla fede nella risurrezione di Cristo, fa di una persona un salvato (cf. Rom 10,9). E questa conoscenza è resa possibile solo dallo Spirito Santo: “Nessuno può dire: ‘Gesù è il Signore!’, se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12, 3).

Questa riscoperta esistenziale (non solo intellettuale) di Gesù come Signore è, credo, uno degli apporti teologici e spirituali più significativi che il Rinnovamento Carismatico reca alla Chiesa cattolica e che il battesimo nello Spirito reca al Rinnovamento Carismatico. Si possono scrivere libri interi sul Cristo “Kyrios” senza essere minimamente toccati dalla signoria di Cristo, come chi parla del fuoco, senza essersene mai lasciato lambire. Tra il Gesù Signore conosciuto dai libri e il Gesù Signore rivelato dallo Spirito c’è la stessa differenza che tra un cielo dipinto su un foglio di carta e il cielo vero che si estende sopra di noi.

Il nuovo rapporto con Gesù Signore si traduce, come avvenne appunto nel giorno di Pentecoste, nel bisogno di annunciare Cristo agli altri, in un impulso all’evangelizzazione. Per me questo bisogno si tradusse nella decisione di lasciare l’insegnamento universitario e dedicarmi a tempo pieno al servizio della parola di Dio.

5. Il battesimo nello Spirito conduce alla Chiesa

L’ultima sezione del racconto di Pentecoste contiene la ben nota descrizione della comunità cristiana:

“Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone. Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere […]. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati”.

L’insegnamento più importante non sta nel “come” si presenta questa comunità, nel suo modo di vivere, ma “nel fatto che” essa esiste. Questo vuol dire che quelli che hanno ricevuto il dono dello Spirito non sono lasciati da soli, ognuno per conto proprio, ma “aggiunti”, cioè incorporati a una comunità. Non c’è ancora il termine “Chiesa”, ma è di essa che si tratta. Nella enciclica “Dominum et vivificantem”, di cui ricorre il 25°, Giovanni Paolo II afferma che “il tempo della Chiesa ha avuto inizio con la venuta, cioè con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme insieme con Maria, la Madre del Signore” . La Pentecoste è il genetliaco della Chiesa.

Da solo questo ci dice che come lo Spirito conduce a Cristo, così conduce alla Chiesa. Sant’Ireneo ha su ciò un testo celebre che conserva ancora tutto il suo valore:

“Alla Chiesa è stato affidato il Dono di Dio affinché tutte le membra, partecipandone, siano vivificate. […]. Di lui non sono partecipi tutti quelli che non corrono alla Chiesa […]. Dove è la Chiesa, là è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio, là è anche la Chiesa” .

Data la sua derivazione immediata dai gruppi pentecostali, c’era da temere che il Rinnovamento Carismatico e in particolare il battesimo nello Spirito, portasse, su questo punto, in direzione opposta, cioè verso una deriva individualista e anti-istituzionale. Così era avvenuto quasi sempre ai gruppi carismatici e profetici del passato, a cominciare dai Montanisti del II secolo. È un fatto singolare che questo non sia avvenuto, ma che il Rinnovamento Carismatico Cattolico sia nato con una forte spinta ecclesiale, di cui la stessa gerarchia ha preso atto, definendolo, già con Paolo VI, “una chance per la Chiesa”.
La situazione che stiamo vivendo esige da noi un rinnovamento di questa originaria vocazione ecclesiale. La Chiesa è sotto accusa; ci sarà anche tra noi chi la mette sotto accusa? Ritireremo la nostra fedeltà alla Chiesa a causa di tutto quello che sentiamo dire di essa? Ascoltiamo le parole di Paolo nella Lettera agli Efesini:
“Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25 ss.).
L’affermazione dell’Apostolo fa sorgere inevitabilmente una domanda: “Cristo ha amato la Chiesa”: E tu? Ami tu la Chiesa? Molti cristiani continuano a dire o almeno a pensare: “Cristo sì, ma la Chiesa no”. Non si rendono conto che in questo modo non si privano solo della Chiesa ma anche di Cristo. Non si può avere lo Sposo senza la sposa. San Cipriano diceva: “Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre” .
Conosciamo l’obiezione: “E l’incoerenza della Chiesa? E gli scandali del clero? Crediamo che Gesù non li conoscesse meglio di noi i peccati della Chiesa? Non sapeva egli per chi moriva? Che, tra i suoi discepoli, uno lo aveva tradito, un altro lo stava rinnegando e tutti stavano fuggendo? Ma egli ha amato questa Chiesa reale, non quella immaginaria e ideale. È morto “per renderla santa e immacolata”, non perché era già santa e immacolata. Ha amato la Chiesa “in speranza”; non solo per quello che “è”, ma anche per quello è che chiamata ad essere e che “sarà”: la Gerusalemme celeste “pronta come sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21, 2).
Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei perché fosse “senza macchia”, e la Chiesa sarebbe senza macchia, se non avesse noi! La Chiesa avrebbe una ruga in meno, se io avessi commesso un peccato in meno. A Lutero che lo rimproverava di rimanere nella Chiesa cattolica, nonostante la sua “corruzione”, Erasmo di Rotterdam rispose un giorno: “Sopporto questa Chiesa, in attesa che divenga migliore, dal momento che anch’essa è costretta a sopportare me, in attesa che io divenga migliore”.
Dovremo dunque tacere tutti e sempre? No, una volta “rientrato in casa”, una volta che hai pianto con la Chiesa, che ti sei umiliato sotto i suoi piedi, Dio ti può comandare, come ha fatto con altri nel passato, di alzare la voce contro “le piaghe della Chiesa”. Non prima e non senza essere disposto a morire per questa causa come il chicco di grano. Antonio Rosmini, don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, per non parlare che di quelli più vicini a noi, hanno levato la loro voce profetica contro i mali della Chiesa, ma non hanno mai ritirato la loro fedeltà e sottomissione ad essa. Proprio uno di loro, don Primo Mazzolari, ha scritto delle parole che dovrebbero far riflettere tanti critici della Chiesa:
“Signore, sono la tua carne inferma; ti peso come croce che pesa, come spalla che non regge. Per non lasciarmi a terra, ti carichi anche del mio fardello e cammini come puoi. E tra coloro che tu porti c’è qualcuno che ti fa colpa di non camminare secondo le regole e accusa di lentezza anche la tua Chiesa, dimenticando che, carica com’è di scorie umane che non può né vuole buttare a mare (sono i suoi figlioli!), il portare vale più dell’arrivare”.
A chi lo spingeva a rompere con la Chiesa istituzionale che lo osteggiava, don Milani rispondeva: “Noi la Chiesa non la lasceremo perché non possiamo vivere senza i suoi sacramenti e senza il suo insegnamento”.
In alcuni paesi d’Europa e negli Stati Uniti molti cattolici abbandonano, anche ufficialmente, la chiesa; si fanno cancellare dal numero dei suoi membri. In una situazione analoga, quando molti se ne andavano da lui, Gesù rivolse ai suoi apostoli una domanda drammatica che la Chiesa rivolge in questo momento a noi: “Volete andarvene anche voi?”. Come Pietro rispondiamo in coro e con convinzione: “Santa madre Chiesa, da chi andremo? Chi altro ci potrà assolvere dai peccati, darci il corpo di Cristo, chi ci dirà parole di vita eterna?”.
Concludo qui la mia analisi del significato e dei frutti del battesimo nello Spirito. Ne ho messo in luce solo alcuni. Nella pratica, essi sono molto più numerosi e vari. Uno dei presenti al ritiro del 1967 dal quale ebbe inizio il Rinnovamento carismatico nella Chiesa cattolica ci ha lasciato una testimonianza “a caldo” degli effetti del battesimo nello Spirito, che è bello riascoltare a quasi mezzo secolo di distanza:
“La nostra fede è diventata viva; il nostro credere è diventato una sorta di conoscere. Improvvisamente, il soprannaturale è diventato più reale del naturale. In breve, Gesù è una persona viva per noi. Prova ad aprire il Nuovo Testamento e a leggerlo come se fosse letteralmente vero ora, ogni parola, ogni riga. La preghiera e i sacramenti sono diventati veramente il nostro pane quotidiano, e non delle generiche ‘pie pratiche. Un amore per le Scritture che io non avrei mai creduto possibile, una trasformazione delle nostre relazioni con gli altri, un bisogno e una forza di testimoniare al di là di ogni aspettativa: tutto ciò è diventato parte della nostra vita. L’esperienza iniziale del battesimo dello Spirito non ci ha dato particolare emozione esteriore, ma la vita è diventata soffusa di calma, di fiducia, gioia e pace…Abbiamo cantato il Veni creator Spiritus prima di ogni incontro, prendendo sul serio quello che dicevamo e non siamo stati delusi…Siamo anche stati inondati di carismi e tutto ciò ci mette in una perfetta atmosfera ecumenica” .
Naturalmente, tutti questi frutti non sono automatici, né presenti in ognuno allo stesso modo e allo stesso tempo. Esigono, come tutti i doni di Dio, di essere accolti e coltivati con costanza e perseveranza, anche passando attraverso l’aridità e la croce. Questo spiega perché, dopo l’entusiasmo e l’ebbrezza dei primi giorni, molti perdono le grazie ricevute con il battesimo nello Spirito e tornano alla vita di prima.
Ma lasciamo ad altro momento l’analisi delle cause di ciò. È bello, in questa circostanza, rievocare in positivo i meravigliosi frutti che il Battesimo nello Spirito può portare, e ha portato di fatto, in milioni di persone. Serve ad accendere in noi il desiderio di tornare a viverli con l’intensità di un tempo e ad accrescere l’impegno affinché molti altri nella Chiesa ne facciano l’esperienza.
Sono convinto che il Rinnovamento carismatico – in tutte le sue espressioni, nazionali e sovrannazionali – è la pupilla dell’occhio del Signore risorto. Dobbiamo farci un punto d’onore e un dovere di gratitudine di mantenerglielo sano.