Slide 15 Slide 2 Foto di Filippo Maria Gianfelice

Cieli nuovi e terra nuova - II Domenica di Avvento

Isaia 40,1-5.9-11; 2 Pietro 3,8-14; Marco 1,1-8
Svolgiamo la nostra riflessione sulla seconda lettura. (Nel Vangelo ci parla Giovanni Battista che la liturgia ci farà ascoltare anche domenica prossima.) Si tratta di un commento ai discorsi di Gesù sugli eventi finali del mondo: «Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo… Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta… E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia».
Questa descrizione della fine del mondo fa pensare a quella che ci prospettano gli scienziati moderni, anche se questi prevedono una fine per freddo piuttosto che per caldo. Gli scienziati si immaginano così la fine dell’universo attuale: «Si raffredderà la terra e gli altri pianeti, si raffredderanno il sole e le altre stelle, si raffredderà ogni cosa… Diminuirà la luce e aumenteranno nell’universo i buchi neri… Sarà allora il Big Crunch, o grande implosione, e tutto ritornerà al vuoto e al silenzio che precedette la grande esplosione, o Big Bang, di quindici miliardi di anni fa…».
Sono ipotesi. Nessuno sa se le cose si svolgeranno veramente così o in altro modo. La parola della Scrittura ascoltata ci assicura, in ogni caso, che se anche così fosse, non sarà quella la fine definitiva di tutto: «Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia».
Dio non ha riconciliato il mondo a sé per abbandonarlo poi al nulla; non ha promesso di rimanere con noi fino alla fine del mondo, per poi ritirarsi, da solo, nel suo cielo, nel momento in cui questa fine arriverà. «Ti ho amato di amore eterno», ha detto Dio all’uomo nella Bibbia (Geremia 31,3), e le promesse di «amore eterno» di Dio non sono come quelle dell’uomo… È questa la garanzia maggiore che c’è una vita eterna.
Io capisco che non creda nella sopravvivenza dell’uomo dopo la fine dell’universo fisico uno che non crede in Dio; trovo, anzi, tutto ciò coerente. Non capisco invece come ci possa essere qualcuno che crede nell’esistenza di Dio ma non in una vita eterna per l’uomo. Sarebbe una beffa indegna di Dio, come mostrare a un bambino il regalo che ha sempre desiderato, per poi dirgli crudelmente che non è per lui.
Esistono uomini e donne così amareggiati dalla vita che il pensiero che essa non finisca con la morte ma si prolunghi per l’eternità, anziché sollevarli, li angoscia ancora di più. «Ricominciare tutto da capo: ma è terribile!» Si dimentica che i «cieli nuovi e la terra nuova» non saranno una ripetizione di quelli che conosciamo, un ritorno ciclico delle stesse cose. Sarà un cielo e una terra di qualità diversa.
Una differenza essenziale è, appunto, come diceva il bra¬no letto, che in essi «avrà stabile dimora la giustizia». L’Apocalisse assicura che appena gli uomini avranno varcato la soglia di questa vita, «Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Apocalisse 21,4).
L’apostolo Pietro concludeva la sua esortazione ai primi cristiani con queste parole che sono rivolte anche ai credenti di oggi: «Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate di essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio in pace».